martedì 13 maggio 2014

Interpretazione del dolore e scelte riabilitative in un caso di dolore neuropatico cronico. (tratto dall'intervento al Convegno Internazionale IL NODO SOTTO LA PELLE: DOLORE E RIABILITAZIONE NEUROCOGNITIVA. 08-10 Novembre 2007)


All’interno del percorso di studi inerente il dolore come problema riabilitativo, risulta sempre più necessario analizzare il modo in cui il riabilitatore interpreta il dolore del paziente, arriva ad individuare e raccogliere i dati riabilitativi più significativi, a formulare ipotesi, a fare delle scelte, a pianificare il trattamento ed a strutturare gli esercizi più idonei per la soluzione di tale problematica.

Considerando il dolore come conseguenza di una discoerenza informativa, guidare il paziente a ricreare quella coerenza persa allora, dovrebbe permettere la risoluzione della situazione dolorosa. Ma in che modo il riabilitatore può far in modo che ciò avvenga?

In questo lavoro verrà preso in esame la problematica dolorosa di una paziente, F.M. di 63 anni, con diagnosi di paraparesi da esito di ischemia midollare avvenuta nel 1990. L’intento non è quello di presentare in maniera completa il percorso riabilitativo, ma di porre l’attenzione sul modo in cui il riabilitatore ha interpretato il dolore di cui parlava la paziente e quindi sulle scelte ritenute appropriate per la strutturazione dell’esercizio.

F.M. oltre a riferire della presenza di un disturbo motorio prevalente all’arto inferiore destro e della difficoltà a deambulare anche per brevi tratti, parla di un dolore forte e presente in maniera costante che interessa il bacino e gli arti inferiori, non risolto mediante i precedenti trattamenti riabilitativi eseguiti, né con l’impianto di elettrodi spinali successivamente rimossi, né con il trattamento farmacologico.

In seguito all’osservazione condotta nei primi giorni di trattamento ritengo che il suo problema principale sia proprio questo dolore di cui mi parla, anche perché non mi sarei aspettato significative variazioni del comportamento motorio.

Da una prima indagine del dolore emergono delle descrizioni significative, che mettono in evidenza la presenza sia di aspetti sensoriali che cognitivi che emotivi.

Nel momento in cui chiedo:

T: provi a parlarmi delle sue gambe. Se dovesse descriverle cosa mi direbbe?

 La paziente risponde:

P: Mi sembra di stare in una pentola con l’olio bollente da qui (intendendo l’ombelico) in giù. Sento le contrazioni alle gambe. Sento come delle pugnalate (aspetto sensoriale).
 
Riferendosi a queste pugnalate continua:

P: sono secche, in continuazione (e con la mano mima il gesto di una violenta pugnalata). Ho un senso di bruciatura immenso. Il dolore non mi fa dormire (aspetto sensoriale/emotivo).

Per iniziare ad indagare la rappresentazione del suo corpo chiedo poi:

T: se le chiedessi di chiudere gli occhi e di immaginare il suo corpo, come lo immaginerebbe?

P: Se non mi guardo mi immagino enorme, come se avessi un bacino enorme e le gambe gonfissime (aspetto cognitivo).

Raccolte queste prime descrizioni, per poter indagare a fondo il dolore di cui mi parlava la paziente è stato essenziale far riferimento agli elementi del profilo del dolore. Nello specifico ho preso in esame:

1)       Sede/localizzazione

2)       Modalità (interno/esterno)

3)       Situazione in cui ha dolore

4)       Intensità

5)       Immagine con presenza/assenza di dolore

6)       Attenzione al corpo sotto al dolore

7)       Informatività

8)       Come parla del dolore


Tali elementi qui di seguito verranno analizzati singolarmente, ma risulta evidente che per delineare il profilo del paziente con dolore si debba averne una visione d’insieme.

Ci tengo anche a precisare che i dati raccolti non sono relativi solamente ad una prima osservazione, ma sono frutto del percorso riabilitativo condotto con questa paziente.



Interpretazione del dolore e scelte riabilitative
 
La scelta di iniziare a riportare l’indagine del dolore della paziente a partire dall’informatività, è dovuta non tanto al fatto che tale elemento abbia un significato prioritario, quanto alla necessità di rendere tale indagine più chiara al lettore.


“Informatività”

Il dolore è l’espressione di una incapacità da parte del paziente di costruire informazioni attraverso la superficie recettoriale. L’analisi dell’informatività ci permette di indagare la capacità di costruire somiglianze/differenze, di assegnare un senso al mondo (oggetto), di costruire informazioni.

A livello dell’arto inferiore sinistro la paziente riesce a costruire informazioni cinestesiche e spaziali, riesce a costruire informazioni di contatto di tipo pressorio solamente se guidata, mentre non è in grado di costruire informazioni di contatto di tipo tattile.

A livello dell’arto inferiore destro la costruzione di informazioni cinestesiche, spaziali e tattili avviene con dolore ed è presente una difficoltà nella costruzione di informazioni di contatto di tipo pressorio che, però, non provocano un aumento immediato della sintomatologia.

 
 Sede/localizzazione”

Si è ipotizzato che un paziente che riesca ad identificare la sede del dolore con più precisione, ne abbia maggior coscienza, possa dirigervi l’attenzione con più facilità e quindi possa favorire la costruzione di un intervento terapeutico più adeguato. Allo stesso tempo, l’individuazione di una sede più precisa, permetterebbe di individuare il punto più preciso possibile della parte sana (o meno dolorosa) corrispondente da prendere come riferimento iniziale per portare a livello di coscienza quella che dovrebbe essere la fisiologica percezione della parte ora interessata dal dolore.

Per il riabilitatore avere la possibilità di localizzare meglio il dolore, potrebbe essere d’aiuto nella identificazione delle Unità di Lavoro (U.d.L).

La paziente ha difficoltà ad individuare una sede specifica del proprio dolore (mi sembra di stare in una pentola con l’olio bollente da qui in giù”).

Anche nel momento in cui chiedo:

T: se dovesse puntare una luce rossa su un punto o su dei punti precisi del suo corpo dove c’è il dolore, riuscirebbe a farlo?
 
La paziente risponde:

 P: no!

 Rilevo però che nel momento in cui le viene richiesta la costruzione di informazioni cinestesiche e spaziali a livello dell’arto inferiore destro, sembra individuare dei distretti corporei (anca e ginocchio) a partire dai quali si verifica un aumento di dolore.

Ad esempio in seguito alla richiesta di riconoscere l’articolazione mossa le è capitato di affermare:
 
P: mi sa che mi sta muovendo il ginocchio perché sento che mi fa male dal ginocchio in giù

Oppure nel momento in cui chiedevo se il piede era più vicino/lontano dall’anca:

P:  È  aumentato il dolore all’anca quindi il piede è più vicino all’anca. Più lo allontana dall’anca e più il dolore va dal ginocchio in giù

Alla luce di ciò ho individuato l’anca ed il ginocchio quali distretti a partire dai quali iniziare a lavorare in sede di esercizio.

 
“Modalità (interno/esterno)”

La modalità di percepire il dolore come interno/esterno potrebbe essere d’aiuto al riabilitatore nella scelta delle modalità informative più appropriate e nella organizzazione dell’esercizio.
 
La paziente mostra difficoltà a definire il dolore come qualcosa che proviene dall’interno del proprio corpo o come qualcosa di esterno (“pugnalate e bruciori sono talmente forti che non so se collocarli in profondità o in superficie […] Sento queste pugnalate profonde […] Dentro (e si tocca l’anca) però è anche esterna la bruciatura. Diciamo che pugnalate e bruciatura sono dentro e fuori”)

Il senso di immersione nell’olio bollente e quindi il senso di ustione, di bruciatura, mi hanno fatto pensare ad un dolore esterno. La scelta della modalità informativa ritenuta opportuna per modificare tale tipo di dolore è ricaduta sulle informazioni di contatto.

Il senso di gonfiore, così come le pugnalate che si, sono un qualcosa che viene dall’esterno, ma dai gesti della paziente (con la mano mima il gesto di una violenta pugnalata) e da quanto afferma (sono secche, in continuazione […]  Sento queste pugnalate profonde ) sembra che vadano in profondità, mi hanno dato l’idea di un dolore interno, profondo.

In questo caso la scelta della modalità informativa è ricaduta sulle informazioni cinestesiche e spaziali.



“Situazione in cui ha dolore” ed “Intensità”

La situazione in cui il paziente ha dolore può essere importante per definire la situazione terapeutica più adeguata per affrontarlo, capendo se c’è una posizione in cui il paziente non lo avverte o ne sente di meno, se ci sono determinati movimenti o interazioni che lo fanno insorgere.

L’intensità potrebbe assumere una valenza relativa alle modificazioni finali ed intermedie da raggiungere ed alla scelta delle posizioni, dei movimenti, della tipologia specifica di informazioni da far acquisire al paziente e con le quali iniziare a lavorare.

Il dolore riferito dalla paziente è presente in continuazione e risulta più importante a destra.

In sede di esercizio rilevo che in posizione supina si verifica una riduzione delle contrazioni involontarie agli arti inferiori (frequenti nel paziente con lesione midollare) che nel caso specifico di questa paziente si associano a dei picchi di dolore.

Il dolore aumenta anche dopo un po’ che si lavora con qualsiasi ambito informativo (la paziente riferisce: “dopo un po’ il dolore mi avvolge come una massa”), condizione che sembra creare difficoltà alla paziente nella soluzione dei problemi conoscitivi proposti. Relativamente all’arto inferiore destro, l’aumento della sintomatologia si verifica immediatamente sia in seguito al movimento che in seguito al contatto con superfici tattili ruvide, mentre bisogna sottolineare il fatto che l’interazione mediante informazioni pressorie, seppur complesse da indagare, non provoca una immediata intensificazione del dolore.

Visto ciò ho ipotizzato di iniziare a lavorare dal lato sinistro o, ove fosse stato necessario, a livello degli arti superiori per guidarla nel modo corretto di intenzionarsi verso l’oggetto.

Per quanto riguarda la scelta iniziale dell’ambito informativo con cui strutturare l’esercizio, ho ritenuto opportuno iniziare a lavorare mediante informazioni di contatto di tipo pressorio. Tale scelta è derivata dal fatto che seppur risultava più semplice per la paziente costruire informazioni cinestesiche e spaziali a sinistra, a destra era impensabile effettuare anche minimi spostamenti articolari che, fra l’altro, si associavano all’aumento di contrazioni involontarie. Per questo motivo ho orientato la mia scelta verso informazioni di contatto e come proprietà emergente ho scelto le informazioni pressorie (spugne), visto che questo specifico ambito informativo era l’unico con cui la paziente non si relazionava immediatamente con dolore. Allo stesso tempo ipotizzavo che lavorare con tale tipo di informazioni avrebbe permesso di farle acquisire una iniziale capacità di dare significato alle differenze al di sotto del dolore anche a destra e conseguentemente di far emergere la capacità di costruire informazioni cinestesiche e spaziali fra i tre fulcri dell’arto inferiore, senza la comparsa di dolore.

In funzione di quanto poc’anzi messo in evidenza, ho ritenuto opportuno iniziare a lavorare in posizione supina.

 
“Immagine con presenza/assenza di dolore” e “Attenzione al corpo sotto al dolore”

L’alterato modo di organizzare il movimento e di rappresentarsi il corpo attivando delle rappresentazioni sbagliate contenenti il dolore, potrebbe essere all’origine di quella condizione che viene definita dolore cronico, condizione che si può associare alla incapacità del soggetto di creare delle immagini del proprio corpo prive di dolore.

Se il paziente si rappresenta il corpo con dolore, bisognerà ovviamente guidarlo nella costruzione di una nuova immagine non contenente il dolore mediante il recupero del significato di sentire uno spostamento, una consistenza, una superficie eccetera, da parte di quei distretti ora interessati dalla sintomatologia.

La capacità di rappresentarsi il corpo con o senza dolore, risulta anche essere un elemento predittivo utile al fine della formulazione delle modifiche finale ed intermedie e della strutturazione dell’esercizio.

 La paziente ha una alterata rappresentazione del proprio corpo  (“Se non mi guardo mi immagino enorme, come se avessi un bacino enorme e le gambe gonfissime”) e riesce a costruire una Immagine Motoria senza dolore a sinistra, ma solamente dietro istruzione da parte del terapista. Risulta interessante riportare quanto afferma nel momento in cui le viene chiesto di costruire una Immagine Motoria dal lato destro:

P: Come ci penso mi parte il dolore dal piede in su. Mi parte la gamba. È come se la gamba mi dicesse: da qui non si passa

Il dolore della paziente è qualcosa di diffuso che in certe condizioni avvolge come una massa, è un qualcosa che avvolge il corpo come una coperta (“La sensazione del ginocchio è coperta dal dolore. È come se ci fosse una coperta”) che inizialmente sembra essere un ostacolo alla percezione del corpo. Con la paziente abbiamo usato la metafora di provare ad “andare sotto la coperta” e per lei sembrava essere più semplice fare questa operazione mentale, quindi porre attenzione al corpo sotto al dolore, dal lato sinistro.

In base ai dati raccolti ho ipotizzato in sede di esercizio di introdurre un lavoro con l’Immagine Motoria a partire dal lato sinistro.

 
“Come parla del dolore”

La paziente utilizza diverse metafore per descrivere il suo dolore, che interpreto come se per lei fosse un qualcosa che viene “dall’esterno”, che subisce passivamente, del quale aspetta l’arrivo senza essere in grado di gestirlo. In relazione a ciò risultano significative le affermazioni:

P: se il picco di dolore mi lascia in pace è più facile lavorare […] oppure Oggi ho più dolore di ieri, quindi non so come andrà […]

Ho ipotizzato che sarebbe stata proprio la nuova capacità di assegnare senso al mondo, di utilizzare l’Immagine Motoria, quella Immagine privata del dolore, che avrebbe permesso alla paziente di modificare il dolore “dall’interno”.

 

La raccolta dei dati

L’analisi degli elementi del profilo del dolore mi ha permesso di individuare degli Elementi Predittivi che mi sono stati utili per:
 
-          ipotizzare cosa mi sarei potuto aspettare
-          suggerirmi la scelta iniziale degli ambiti informativi con cui strutturare l’esercizio (io ho scelto le informazioni di contatto di tipo pressorio)
-          farmi un’idea da quali distretti corporei poter iniziare a lavorare (ad esempio risultava opportuno iniziare dal lato sinistro dove la paziente riusciva a prestare attenzione al proprio corpo sotto al dolore con più facilità)
-          suggerirmi tipologia e modalità di utilizzo degli strumenti dell’esercizio (ad esempio: in che modo dirigere l’attenzione sotto al dolore e verso quali tipi di informazioni? Quando introdurre il lavoro con l’IM? In che modo?)

Dal ritiro di Studi Riabilitativi di Tonezza era emersa la difficoltà di attribuire un valore assoluto ai dati raccolti e ci si chiedeva se si poteva parlare di gravità a proposito di determinati elementi, che comunque risultano nuovi per il riabilitatore neurocognitivo.

Sicuramente dare un valore assoluto ai dati inerenti il dolore risulta complesso perché espressione di una esperienza privata del paziente, così come parlare di gravità potrebbe risultare solo frutto dell’interpretazione soggettiva del riabilitatore.

Ad ogni modo ai dati riabilitativi da me ritenuti significativi ,emersi dall’analisi degli elementi del profilo del dolore, ho assegnato una valenza alla quale ho affiancato una spiegazione. Questo mi è stato utile per comprendere meglio le relazioni fra i vari E.P. e per i fini già sopra citati.

 L’individuazione degli E.P. mi ha permesso di formulare delle Modifiche Finali ed Intermedie, espressione del percorso verso la ricostruzione della relazione corpo-mondo, verso la formazione della nuova persona neurocognitiva.
 

Conclusioni

Al momento della dimissione, dopo circa un mese e mezzo di trattamento, la paziente riferisce ancora quel senso di “immersione nell’olio bollente” che però è diverso: parla infatti di gas (che “alimenta la pentola”) che si alza e si abbassa.

La rappresentazione del corpo è variata come si può evincere dall’affermazione:

 P: […] il mio corpo lo sento cambiato[…] anche se non mi guardo non percepisco più un corpo grande, ma mi percepisco come una persona con due gambe normali, non più enormi. Mi immagino le gambe piccole, normali, come le avevo una volta […]

La capacità di localizzare il dolore è presente, anche se è relativa solamente a quelli che lei chiama picchi di dolore, che riesce però a modificare e far diminuire mediante l’evocazione di immagini prive di dolore e mediante il frazionamento del proprio corpo, mentre definire il dolore come qualcosa di interno o esterno al proprio corpo risulta ancora difficile.

Inizia a riuscire a svolgere delle attività fisiche e mentali senza essere interrotta dal dolore come nel periodo precedente al trattamento riabilitativo. Ad esempio afferma:

P: riesco a leggere anche 4 pagine di un libro prima di essere avvolta dal dolore!

Anche il sonno inizia a non essere interrotto dal dolore:

P: di notte riposo meglio. Sono un paio di sere che riesco a dormire! Prima riposavo solamente, ora son riuscita a dormire

 La raccolta delle descrizioni del paziente risulta sempre più essenziale per indagare ed interpretare il dolore che, in quanto processo cosciente, è un processo privato e quindi comunicabile solo attraverso il linguaggio.

Così come è ormai nota l’importanza del linguaggio all’interno del percorso formativo, risulta sempre più chiaro come le diverse sindromi dolorose non siano più di sola pertinenza medica, ma anche del riabilitatore neurocognitivo che, mediante il suo ruolo di mediatore, può essere l’unica figura in grado di guidare il paziente verso la ricostruzione del suo Body-Self Neuromatrix.

Concludo riportando una frase molto significativa della paziente, espressione della nuova capacità di vivere e modificare il dolore acquisita mediante il percorso formativo:

P: […]prima subivo il dolore, adesso cerco di gestirlo, mi sembra come di riuscire a manovrarlo, a giocarci



 
Bibliografia

 
1.        Gusella S. (2005) Il caso clinico riabilitativo: la narrazione romantica, Aracne editrice s.r.l., Roma
2.        Melzack R. (1999) Pain and neuromatrix in the brain. J. of dental education, 65, 1378
3.        Pantè F. (2007) Il profilo del dolore: dall’osservazione all’esercizio. Relazione alle quarte giornate di studio Italo-Giapponesi. Centro Studi Riabilitazione Neurocognitiva, Santorso (Vi)
4.        Perfetti C. (a cura di) (2004) Esperienza cosciente, azione e recupero, Centro Studi Riabilitazione Neurocognitiva, Santorso (VI)
5.        Perfetti C. (2007) Una ipotesi riabilitativa. Relazione alle quarte giornate di studio Italo-Giapponesi. Centro Studi Riabilitazione Neurocognitiva, Santorso (Vi)
6.        Perfetti C, Pantè F, Rizzello C. (2007) interventi al ritiro di studi Riabilitativi, “Il dolore come problema riabilitativo”, Casa del Fanciullo Gesù, Tonezza del Cimone (Vi)
7.        Rizzello C. (2007) Una cartella per il dolore. Relazione alle quarte giornate di studio Italo-Giapponesi. Centro Studi Riabilitazione Neurocognitiva, Santorso (Vi)

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