All’interno
del percorso di studi inerente il dolore come problema riabilitativo, risulta
sempre più necessario analizzare il modo in cui il riabilitatore interpreta il
dolore del paziente, arriva ad individuare e raccogliere i dati riabilitativi
più significativi, a formulare ipotesi, a fare delle scelte, a pianificare il
trattamento ed a strutturare gli esercizi più idonei per la soluzione di tale
problematica.
Considerando
il dolore come conseguenza di una discoerenza informativa, guidare il paziente
a ricreare quella coerenza persa allora, dovrebbe permettere la risoluzione
della situazione dolorosa. Ma in che modo il riabilitatore può far in modo che
ciò avvenga?
In
questo lavoro verrà preso in esame la problematica dolorosa di una paziente,
F.M. di 63 anni, con diagnosi di paraparesi da esito di ischemia midollare
avvenuta nel 1990. L’intento non è quello di presentare in maniera completa il
percorso riabilitativo, ma di porre l’attenzione sul modo in cui il
riabilitatore ha interpretato il dolore di cui parlava la paziente e quindi
sulle scelte ritenute appropriate per la strutturazione dell’esercizio.
F.M.
oltre a riferire della presenza di un disturbo motorio prevalente all’arto
inferiore destro e della difficoltà a deambulare anche per brevi tratti, parla
di un dolore forte e presente in maniera costante che interessa il bacino e gli
arti inferiori, non risolto mediante i precedenti trattamenti riabilitativi
eseguiti, né con l’impianto di elettrodi spinali successivamente rimossi, né con
il trattamento farmacologico.
In
seguito all’osservazione condotta nei primi giorni di trattamento ritengo che
il suo problema principale sia proprio questo dolore di cui mi parla, anche
perché non mi sarei aspettato significative variazioni del comportamento
motorio.
Da
una prima indagine del dolore emergono delle descrizioni significative, che mettono
in evidenza la presenza sia di aspetti sensoriali che cognitivi che emotivi.
Nel
momento in cui chiedo:
T: provi a parlarmi
delle sue gambe. Se dovesse descriverle cosa mi direbbe?
P: Mi sembra di
stare in una pentola con l’olio bollente da qui (intendendo l’ombelico) in giù. Sento le
contrazioni alle gambe. Sento come delle pugnalate (aspetto sensoriale).
Riferendosi a queste pugnalate
continua:
P: sono
secche, in continuazione (e con la mano mima il gesto di una violenta
pugnalata). Ho un senso di bruciatura immenso. Il dolore non mi fa dormire (aspetto sensoriale/emotivo).
Per
iniziare ad indagare la rappresentazione del suo corpo chiedo poi:
T: se le chiedessi
di chiudere gli occhi e di immaginare il suo corpo, come lo immaginerebbe?
P: Se non mi guardo mi immagino enorme, come se avessi
un bacino enorme e le gambe gonfissime (aspetto cognitivo).
Raccolte
queste prime descrizioni, per poter indagare a fondo il dolore di cui mi
parlava la paziente è stato essenziale far riferimento agli elementi del profilo del dolore. Nello specifico ho
preso in esame:
1)
Sede/localizzazione
2)
Modalità
(interno/esterno)
3)
Situazione in
cui ha dolore
4)
Intensità
5)
Immagine con
presenza/assenza di dolore
6)
Attenzione al
corpo sotto al dolore
7)
Informatività
8)
Come parla del
dolore
Tali elementi qui di seguito verranno analizzati singolarmente, ma risulta evidente che per delineare il profilo del paziente con dolore si debba averne una visione d’insieme.
Ci
tengo anche a precisare che i dati raccolti non sono relativi solamente ad una
prima osservazione, ma sono frutto del percorso riabilitativo condotto con
questa paziente.
Interpretazione
del dolore e scelte riabilitative
La
scelta di iniziare a riportare l’indagine del dolore della paziente a partire
dall’informatività, è dovuta non tanto al fatto che tale elemento abbia un
significato prioritario, quanto alla necessità di rendere tale indagine più
chiara al lettore.
“Informatività”
Il dolore è
l’espressione di una incapacità da parte del paziente di costruire informazioni
attraverso la superficie recettoriale. L’analisi dell’informatività ci permette
di indagare la capacità di costruire somiglianze/differenze, di assegnare un
senso al mondo (oggetto), di costruire informazioni.
A
livello dell’arto inferiore sinistro la paziente riesce a costruire informazioni cinestesiche e spaziali, riesce
a costruire informazioni di contatto di tipo pressorio solamente se guidata,
mentre non è in grado di costruire informazioni di contatto di tipo tattile.
A
livello dell’arto inferiore destro la costruzione
di informazioni cinestesiche, spaziali e tattili avviene con dolore ed è
presente una difficoltà nella costruzione di informazioni di contatto di tipo
pressorio che, però, non provocano un aumento immediato della sintomatologia.
“Sede/localizzazione”
Si è ipotizzato
che un paziente che riesca ad identificare la sede del dolore con più
precisione, ne abbia maggior coscienza, possa dirigervi l’attenzione con più
facilità e quindi possa favorire la costruzione di un intervento terapeutico
più adeguato. Allo stesso tempo, l’individuazione di una sede più precisa,
permetterebbe di individuare il punto più preciso possibile della parte sana (o
meno dolorosa) corrispondente da prendere come riferimento iniziale per portare
a livello di coscienza quella che dovrebbe essere la fisiologica percezione
della parte ora interessata dal dolore.
Per il
riabilitatore avere la possibilità di localizzare meglio il dolore, potrebbe
essere d’aiuto nella identificazione delle Unità di Lavoro (U.d.L).
La
paziente ha difficoltà ad individuare una sede specifica del proprio dolore (“mi
sembra di stare in una pentola con l’olio bollente da qui in giù”).
Anche nel momento in cui chiedo:
T: se dovesse
puntare una luce rossa su un punto o su dei punti precisi del suo corpo dove
c’è il dolore, riuscirebbe a farlo?
La
paziente risponde:
Ad esempio in seguito alla richiesta di riconoscere
l’articolazione mossa le è capitato di affermare:
P: mi sa che
mi sta muovendo il ginocchio perché sento che mi fa male dal ginocchio in giù
Oppure nel momento in cui chiedevo se il piede era più vicino/lontano dall’anca:
P: È aumentato il dolore all’anca quindi il piede è
più vicino all’anca. Più lo allontana dall’anca e più il dolore va dal
ginocchio in giù
Alla luce di ciò ho individuato l’anca ed il
ginocchio quali distretti a partire dai quali iniziare a lavorare in
sede di esercizio.
“Modalità
(interno/esterno)”
La modalità di
percepire il dolore come interno/esterno potrebbe essere d’aiuto al
riabilitatore nella scelta delle modalità informative più appropriate e nella
organizzazione dell’esercizio.
La paziente mostra difficoltà a definire il dolore come qualcosa che proviene dall’interno del proprio corpo o come qualcosa di esterno (“pugnalate e bruciori sono talmente forti che non so se collocarli in profondità o in superficie […] Sento queste pugnalate profonde […] Dentro (e si tocca l’anca) però è anche esterna la bruciatura. Diciamo che pugnalate e bruciatura sono dentro e fuori”)
Il
senso di immersione nell’olio bollente e quindi il senso di ustione,
di bruciatura, mi hanno fatto pensare ad un dolore esterno. La
scelta della modalità informativa ritenuta opportuna per modificare tale tipo
di dolore è ricaduta sulle informazioni di contatto.
Il
senso di gonfiore, così come le pugnalate che si, sono un
qualcosa che viene dall’esterno, ma dai gesti della paziente (con la mano mima
il gesto di una violenta pugnalata) e da quanto afferma (sono secche, in continuazione […] Sento
queste pugnalate profonde ) sembra che vadano in profondità, mi hanno dato
l’idea di un dolore interno, profondo.
In
questo caso la scelta della modalità informativa è ricaduta sulle informazioni
cinestesiche e spaziali.
“Situazione in
cui ha dolore” ed “Intensità”
La situazione in cui il paziente ha dolore può essere importante per definire la situazione terapeutica più adeguata per affrontarlo, capendo se c’è una posizione in cui il paziente non lo avverte o ne sente di meno, se ci sono determinati movimenti o interazioni che lo fanno insorgere.
L’intensità
potrebbe assumere una valenza relativa alle modificazioni finali ed intermedie
da raggiungere ed alla scelta delle posizioni, dei movimenti, della tipologia
specifica di informazioni da far acquisire al paziente e con le quali iniziare
a lavorare.
Il
dolore riferito dalla paziente è presente in continuazione e risulta più
importante a destra.
In
sede di esercizio rilevo che in posizione supina si verifica una riduzione
delle contrazioni involontarie agli arti inferiori (frequenti nel paziente con
lesione midollare) che nel caso specifico di questa paziente si associano a dei
picchi di dolore.
Il
dolore aumenta anche dopo un po’ che si lavora con qualsiasi ambito informativo
(la paziente riferisce: “dopo un po’ il
dolore mi avvolge come una massa”), condizione che sembra creare difficoltà
alla paziente nella soluzione dei problemi conoscitivi proposti. Relativamente
all’arto inferiore destro, l’aumento della sintomatologia si verifica
immediatamente sia in seguito al movimento che in seguito al contatto con
superfici tattili ruvide, mentre bisogna sottolineare il fatto che
l’interazione mediante informazioni pressorie, seppur complesse da indagare,
non provoca una immediata intensificazione del dolore.
Visto
ciò ho ipotizzato di iniziare a lavorare dal lato sinistro o, ove fosse
stato necessario, a livello degli arti superiori per guidarla nel modo corretto
di intenzionarsi verso l’oggetto.
Per
quanto riguarda la scelta iniziale dell’ambito informativo con cui strutturare
l’esercizio, ho ritenuto opportuno iniziare a lavorare mediante informazioni
di contatto di tipo pressorio. Tale scelta è derivata dal fatto che seppur
risultava più semplice per la paziente costruire informazioni cinestesiche e
spaziali a sinistra, a destra era impensabile effettuare anche minimi
spostamenti articolari che, fra l’altro, si associavano all’aumento di
contrazioni involontarie. Per questo motivo ho orientato la mia scelta verso
informazioni di contatto e come proprietà emergente ho scelto le informazioni
pressorie (spugne), visto che questo specifico ambito informativo era l’unico
con cui la paziente non si relazionava immediatamente con dolore. Allo stesso
tempo ipotizzavo che lavorare con tale tipo di informazioni avrebbe permesso di
farle acquisire una iniziale capacità di dare significato alle differenze al di
sotto del dolore anche a destra e conseguentemente di far emergere la capacità
di costruire informazioni cinestesiche e spaziali fra i tre fulcri dell’arto
inferiore, senza la comparsa di dolore.
In
funzione di quanto poc’anzi messo in evidenza, ho ritenuto opportuno iniziare a
lavorare in posizione supina.
“Immagine con
presenza/assenza di dolore” e “Attenzione al corpo sotto al dolore”
L’alterato modo
di organizzare il movimento e di rappresentarsi il corpo attivando delle
rappresentazioni sbagliate contenenti il dolore, potrebbe essere all’origine di
quella condizione che viene definita dolore cronico, condizione che si può
associare alla incapacità del soggetto di creare delle immagini del proprio
corpo prive di dolore.
Se il paziente
si rappresenta il corpo con dolore, bisognerà ovviamente guidarlo nella
costruzione di una nuova immagine non contenente il dolore mediante il recupero
del significato di sentire uno spostamento, una consistenza, una superficie
eccetera, da parte di quei distretti ora interessati dalla sintomatologia.
La capacità di
rappresentarsi il corpo con o senza dolore, risulta anche essere un elemento
predittivo utile al fine della formulazione delle modifiche finale ed
intermedie e della strutturazione dell’esercizio.
P: Come ci penso mi parte il dolore dal piede in su. Mi
parte la gamba. È come se la gamba mi dicesse: da qui non si passa
Il
dolore della paziente è qualcosa di diffuso che in certe condizioni avvolge come una massa, è un qualcosa
che avvolge il corpo come una coperta (“La
sensazione del ginocchio è coperta dal dolore. È come se ci fosse una coperta”) che inizialmente sembra essere un ostacolo alla
percezione del corpo. Con la paziente abbiamo usato la metafora di provare ad
“andare sotto la coperta” e per lei sembrava essere più semplice fare questa
operazione mentale, quindi porre attenzione al corpo sotto al dolore, dal lato
sinistro.
In
base ai dati raccolti ho ipotizzato in sede di esercizio di introdurre un lavoro
con l’Immagine Motoria a partire dal lato sinistro.
“Come parla del
dolore”
La
paziente utilizza diverse metafore per descrivere il suo dolore, che interpreto
come se per lei fosse un qualcosa che viene “dall’esterno”, che subisce
passivamente, del quale aspetta l’arrivo senza essere in grado di gestirlo. In
relazione a ciò risultano significative le affermazioni:
P:
se
il picco di dolore mi lascia in pace è più facile lavorare […] oppure
Oggi ho più dolore di ieri, quindi non so come andrà […]
Ho
ipotizzato che sarebbe stata proprio la nuova capacità di assegnare senso al
mondo, di utilizzare l’Immagine Motoria, quella Immagine privata del dolore,
che avrebbe permesso alla paziente di modificare il dolore “dall’interno”.
La raccolta dei
dati
L’analisi
degli elementi del profilo del dolore mi ha permesso di individuare degli
Elementi Predittivi che mi sono stati utili per:
- suggerirmi la scelta iniziale degli ambiti informativi con cui strutturare l’esercizio (io ho scelto le informazioni di contatto di tipo pressorio)
- farmi un’idea da quali distretti corporei poter iniziare a lavorare (ad esempio risultava opportuno iniziare dal lato sinistro dove la paziente riusciva a prestare attenzione al proprio corpo sotto al dolore con più facilità)
- suggerirmi tipologia e modalità di utilizzo degli strumenti dell’esercizio (ad esempio: in che modo dirigere l’attenzione sotto al dolore e verso quali tipi di informazioni? Quando introdurre il lavoro con l’IM? In che modo?)
Dal
ritiro di Studi Riabilitativi di Tonezza era emersa la difficoltà di attribuire
un valore assoluto ai dati raccolti e
ci si chiedeva se si poteva parlare di gravità
a proposito di determinati elementi, che comunque risultano nuovi per il
riabilitatore neurocognitivo.
Sicuramente
dare un valore assoluto ai dati inerenti il dolore risulta complesso perché
espressione di una esperienza privata del paziente, così come parlare di
gravità potrebbe risultare solo frutto dell’interpretazione soggettiva del
riabilitatore.
Ad
ogni modo ai dati riabilitativi da me ritenuti significativi ,emersi
dall’analisi degli elementi del profilo del dolore, ho assegnato una valenza
alla quale ho affiancato una spiegazione. Questo mi è stato utile per
comprendere meglio le relazioni fra i vari E.P. e per i fini già sopra citati.
Conclusioni
Al momento della dimissione, dopo circa un mese e mezzo di trattamento, la paziente riferisce ancora quel senso di “immersione nell’olio bollente” che però è diverso: parla infatti di gas (che “alimenta la pentola”) che si alza e si abbassa.
La
rappresentazione del corpo è variata come si può evincere dall’affermazione:
La
capacità di localizzare il dolore è presente, anche se è relativa solamente a
quelli che lei chiama picchi di dolore,
che riesce però a modificare e far diminuire mediante l’evocazione di immagini
prive di dolore e mediante il frazionamento del proprio corpo, mentre definire
il dolore come qualcosa di interno o esterno al proprio corpo risulta ancora
difficile.
Inizia
a riuscire a svolgere delle attività fisiche e mentali senza essere interrotta
dal dolore come nel periodo precedente al trattamento riabilitativo. Ad esempio
afferma:
P: riesco a leggere anche 4 pagine di un libro prima di
essere avvolta dal dolore!
Anche
il sonno inizia a non essere interrotto dal dolore:
P: di notte riposo meglio. Sono un paio di sere che
riesco a dormire! Prima riposavo solamente, ora son riuscita a dormire
Così
come è ormai nota l’importanza del linguaggio all’interno del percorso
formativo, risulta sempre più chiaro come le diverse sindromi dolorose non
siano più di sola pertinenza medica, ma anche del riabilitatore neurocognitivo
che, mediante il suo ruolo di mediatore, può essere l’unica figura in grado di guidare
il paziente verso la ricostruzione del suo Body-Self Neuromatrix.
Concludo
riportando una frase molto significativa della paziente, espressione della
nuova capacità di vivere e modificare il dolore acquisita mediante il percorso
formativo:
P: […]prima subivo il dolore, adesso cerco di gestirlo,
mi sembra come di riuscire a manovrarlo, a giocarci
Bibliografia
2. Melzack R. (1999) Pain and neuromatrix in the brain. J. of dental education, 65, 1378
3. Pantè F. (2007) Il profilo del dolore: dall’osservazione all’esercizio. Relazione alle quarte giornate di studio Italo-Giapponesi. Centro Studi Riabilitazione Neurocognitiva, Santorso (Vi)
4. Perfetti C. (a cura di) (2004) Esperienza cosciente, azione e recupero, Centro Studi Riabilitazione Neurocognitiva, Santorso (VI)
5. Perfetti C. (2007) Una ipotesi riabilitativa. Relazione alle quarte giornate di studio Italo-Giapponesi. Centro Studi Riabilitazione Neurocognitiva, Santorso (Vi)
6. Perfetti C, Pantè F, Rizzello C. (2007) interventi al ritiro di studi Riabilitativi, “Il dolore come problema riabilitativo”, Casa del Fanciullo Gesù, Tonezza del Cimone (Vi)
7. Rizzello C. (2007) Una cartella per il dolore. Relazione alle quarte giornate di studio Italo-Giapponesi. Centro Studi Riabilitazione Neurocognitiva, Santorso (Vi)
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