È un approccio riabilitativo che si basa sulla
Teoria Neurocognitiva della riabilitazione.
In gergo comune è conosciuto anche come metodo
Perfetti ed è un approccio riabilitativo che muove i primi passi dallo studio
per il recupero del paziente neuroleso ma che, alla luce dei suoi principi
teorici di base, non esclude un intervento anche sul paziente con lesioni di
tipo ortopedico.
L’ETC non è una
metodica, ma un approccio riabilitativo che mira agli aspetti qualitativi del recupero oltrechè a quelli quantitativi.
L'ETC, rifacendosi al concetto di "scienza romantica" di cui parlava il neurofisiologo russo A.R. Lurija, tenta di osservare, analizzare
e
studiare il paziente andando al di là della sua visione più “classica”
di un
semplice caso clinico, cercando di considerarlo nella sua soggettività,
in contrapposizione a quella fredda, arida osservazione ed
identificazione di un individuo con la sua patologia.
Il
paziente quindi, è visto come un soggetto afflitto da una malattia, con
una sua storia personale ed una esperienza soggettiva.Inoltre l'ETC, cerca di far riferimento sempre alle conoscenze mutuate da discipline apparentemente distanti dal Riabilitatore, ma strettamente necessarie, fra le quali le Neuroscienze, la Pedagogia, l’Epistomologia.
Il continuo riferimento alle conoscenze neuroscientifiche, rende l’approccio riabilitativo sempre più “scientifico” e quindi non basato su concetti rigidi e ormai superati. Il riabilitatore deve cercare di tradurre in esercizio quello che le nuove conoscenze ci dicono in merito al “funzionamento” del nostro Sistema Nervoso. Pensiamo ad esempio agli studi sull’Immagine Motoria, sulla Coscienza, sul Dolore Neuropatico o sull'Emozione.
L’aspetto
pedagogico è importante, perché la Riabilitazione è un processo, frutto della
relazione paziente/terapista/oggetto (mondo), attraverso il quale guidare il
paziente verso l’apprendimento di quelle strategie alterate dalla lesione, sia
essa centrale che periferica.
Perché l’Epistemologia? L’epistemologia è quella branca della filosofia che si occupa del modo di arrivare alla conoscenza e la Riabilitazione in quanto Scienza non può esimersi da ciò. Sono sempre maggiori i rapporti fra il Filosofo e il Riabilitatore utili per interpretare la rappresentazione della realtà e le conseguenti relazioni fra questa e l'esercizio.
Tutto questo, forse
può farci capire come la Riabilitazione debba essere considerata allo stesso
modo delle altre Scienze, ma spesso è sottostimata e si riduce all’esecuzione
di manovre ripetitive, alla somministrazione di mezzi fisici (correnti
elettriche, laser, ultrasuoni e quant’altro), alla sollecitazione mediante
spinte che evochino movimenti riflessi…
Questo concorre
anche ad avere un approccio distaccato tale da non considerare il paziente come
“persona” con un suo vissuto soggettivo della patologia. Ecco che il corpo allora
viene considerato come una “macchina”, e quindi ciò che si ritiene importante
diviene ad esempio “quanto si piega un ginocchio” oppure “quanto è forte un
muscolo”.
Ma per camminare serve solo un ginocchio che si pieghi di tot gradi e un muscolo che sia forte in un certo modo? Oppure bisogna anche vedere che ruolo ha il ginocchio all’interno del cammino? È importante osservare il paziente nella sua globalità!
Per questo,
riabilitare significa non solo concentrarsi su un pezzettino di corpo, ma
osservarlo nel contesto di una funzione, del suo vissuto, della sua storia personale.
Muoversi, del resto,
non prescinde dal sentire, dal creare relazioni fra le diverse parti del corpo
e dal provare qualcosa (aspetto emozionale dell'esperienza). Un percorso Riabilitativo che miri
al recupero del “soggetto” paziente deve perciò tener conto di quanto detto sinora.